Pierluigi Billone
Essere un compositore per me significa trovarmi al centro di una costellazione di domande.
Il mio lavoro è una risposta individuale a queste domande.
Si tratta di domande molto dirette, aperte e formulate chiaramente.
La questione diventa quindi: le possibili risposte.
Che senso ha il mio lavoro, individualmente e nel contesto sociale e culturale in cui vivo?
Qual è il reale spazio di libertà in cui posso operare? Come uomo, come lavoratore, come musicista?
Qual è il mio ruolo attivo e passivo all´interno del mondo musicale in cui lavoro?
Che influenza ha la cultura nella quale sono cresciuto sulla mia libertà creativa?
Quanto diretta, profonda, realmente interessata e´ la mia conoscenza del passato, della tradizione, della modernità, della contemporaneità? È un dialogo reale?
Che ruolo ha questa conoscenza nel mio lavoro?
Che cosa è per me, in quanto compositore, Musica Contemporanea, Jazz, musica Pop (nelle sue forme possibili), musica di ogni genere, Musica Elettronica, Improvvisazione, Musica Tradizionale del mio paese e di altri paesi?
E in che rapporto stanno con il mio lavoro?
Quanto aperto e sensibile, o chiuso e inerte, è il contesto umano e artistico con cui sono a contatto?
Qual è la reale dimensione geografica e culturale di una cultura musicale individuale, oggi?
Che cosa è suono oggi? E dove?
Che cosa è per me, suono e l´esperienza del suono?
Quale reale cultura parla dentro e attraverso di me, come una voce ignota e inconsapevole?
Che conoscenza ho, teorica e/o pratica, del ruolo degli strumenti di lavoro che uso?
In quale rapporto reale stanno, oggi, per me, la pratica e il pensiero del suono,
la trasformazione del rapporto con le cose operato dallo sviluppo tecnologico?
A che grado e livello di consapevolezza opero nel mio lavoro?
Se si prendono e ascoltano queste domande seriamente, parola per parola,
la risposta non è così ovvia. Anzi, potrebbe essere imprevedibile.
Ogni volta che qualcuno decide di dedicare le proprie energie alla musica, entra in contatto con una concezione e una cultura del suono che sono già definite e operanti.
Essere un compositore è certamente un lavoro e una professione,
ma questa esperienza può anche diventare un’occasione e una via di conoscenza.
In questo caso non è sempre possibile sapere dove conduce la via.
Se chiedo: cosa è suono?
Qualcosa appare nella dimensione del suono,
comincia ad essere riconosciuto come *Suono.
Non ogni vibrazione può essere *Suono.
(*)Suono non è una definizione acustica.
Suono sta sempre per relazione rivelatrice.
Suono è un particolare tipo di nome:
rivela ciò con cui un essere umano è in contatto. Da che cosa dipende per il suo equilibrio.
E´una rivelazione ritmica, in un senso estremamente ampio.
*Suono è definito da una costellazione aperta di significati:
presenza, contatto, rivelazione, riconoscimento e appartenenza, centro di equilibrio, necessità, comunione (è sempre stato così).
Questa costellazione di significati, il cui centro nascosto è *Suono,
rinnova il suo senso continuamente, disloca il suo centro.
Si tratta di un lento ma costante cambiamento e movimento.
Di conseguenza, ciò che è riconosciuto e praticato come suono e musica, è sempre in mutamento.
O, in altri termini, ciò che chiede alla nostra attenzione di essere riconosciuto come suono, muta. Non ci sono eccezioni a questo fenomeno.
L´acustica come scienza ha creato definizioni e categorie definitive che spiegano la realtà del suono. In questo senso è una forma di rivelazione.
L´acustica propone un modello meccanico del suono, con le sue componenti e le sue leggi di esistenza.
Da un lato esso ha reso possibile un differente tipo di approccio al suono, spesso con risultati d’interesse artistico.
Dall´altro questo punto di vista ha modificato, influenzato e monopolizzato a tal punto la terminologia musicale, che un pensiero di tipo differente incontra ora particolari difficoltà ad articolare le proprie categorie.
Per esempio un pensiero di tipo tradizionale, non concettuale, o basato su differenze organiche, morfologiche, spaziali, ritmiche, cioè tipi di pensiero che ovviamente hanno e conoscono una dimensione meccanica, ma che non si possono spiegare con queste categorie.
Nel momento in cui il suono è compreso e spiegato in base a quantità di energia, forma dell´onda, periodicità, etc. e le qualità e le differenze sono pensate e articolate secondo categorie meccaniche, le grandi famiglie di differenze elementari come Suono/ Suono estraneo, Suono proibito, Suono sacro, Suono nuovo/vecchio,
o qualità come Suono aperto/chiuso, o differenze più specifiche come consonanza/dissonanza, etc.
differenze cioè che articolano strati profondi della esperienza del suono,
tutte queste elementari e profonde differenze non trovano più un accesso diretto per vigere.
Sono delle radici senza più un albero.
Le radici esistenziali, etniche e culturali delle differenze non trovano più una via diretta al linguaggio, o sono confinate nell´angolo secondario delle curiosità etniche o psicologiche.
E lentamente questo modifica anche la possibilità stessa di pensarle e quindi di farle operare.
Se consideriamo che attualmente si sta diffondendo praticamente in tutto il mondo tecnologizzato ( aeroplano e internet per essere chiari) una sorta di pensiero musicale comune, con il suo linguaggio tecnico comune, con la sua completa e comune mancanza di radici,
e che questo e´tutto ciò che resta di tradizioni culturali completamente diverse,
allora questa questione e´più seria di quanto appare a prima vista.
Questo fenomeno indica che la mancanza di radici non è avvertito come un problema.
Evidentemente l´uomo che non si prende più cura delle proprie radici, si trova e vive definitivamente nel nessun dove ritmico dell´attuale mondo tecnologico.
Consideriamo per esempio la distinzione Suono/Rumore, che è una distinzione non specificamente musicale.
La sua radice è fondamentalmente culturale, se la confrontiamo con la sua definizione acustica è evidente che siamo completamente sviati dal riconoscere in essa
una traccia di un atto più profondo di inclusione/esclusione.
Una delle conseguenze di questa perdita di riconoscimento è testimoniata da un fenomeno a due facce: da un lato uno dei più fastidiosi rumori attuali è la produzione incessante di una musica accademica, impoetica, insensata, e pseudo-tradizionale.
Dall´altro sembra che il fatto stesso di interessarsi al rumore, o a un suono non tradizionale,
o comunque ad un suono non riducibile al tipo tradizionale, possa essere già di per sé un atto poetico. È il segno della crescita di un nuovo e accademico conformismo del rumore.
Un tale tipo di distinzione e separazione come quella Suono/Rumore, richiama, è connessa, nomina e articola, prima di tutto e in senso ampio, un principio più profondo di inclusione/esclusione.
*Rumore significa: ciò che rompe l´equilibrio dell’identità.
Ciò che non incorpora in sé e non mostra il segno riconoscibile di *Suono.
Ciò che rimane al di fuori del mondo ritmico del *Suono.
Ciò che è escluso dalle relazioni che definiscono e identificano il *Suono.
Potremmo dire: Rumore indica ciò che non potrebbe essere accolto nel centro della rivelazione.
O anche: rumore indica ciò che potrebbe mettere in pericolo la legge di equilibrio di una rivelazione. Per esempio, il rumore sarà escluso dal rango di sacro (quale che sia ciò che si riconosce come sacro). Un semplice esempio: in Europa nell´alto e medio evo, la tradizione musicale cristiana non riconosceva più le vibrazioni di trombe, tamburi e piatti come suono, e quindi le escluse dai rituali.
Nella stessa epoca simili vibrazioni di trombe, tamburi e piatti erano riconosciute come forze sacre dalla tradizione musicale tibetana, che quindi le includeva nei rituali.
In questo caso la distinzione acustica Suono/Rumore, con il suo punto di vista,
è completamente irrilevante, non spiega nulla, non decide nulla.
Essa articola solo una differenza meccanica che appartiene a una rappresentazione meccanica del suono, che è una prospettiva interna a una concezione del suono già aperta:
la concezione occidentale tradizionale del suono, i cui principi (del resto) non hanno nulla a che fare con l´Acustica.
Ciò che viene riconosciuto come *Suono, qualunque cosa sia,
diventa il centro, assume il ruolo e la forza di un centro, e installa gerarchie.
Ora, tutto il resto è *Rumore.
Ma questi due poli Suono/Rumore restano due complementari inseparabili.
Ciò che vige come centro non è stabilito da una teoria o un individuo,
ma cresce e si forma attraverso le tensioni interne di una cultura.
Potremmo porre a contatto per esempio:
Ascension 1965 di John Coltrane e De Koonig 1963 di Morton Feldman.
Cerchiamo ora di condurre queste poche considerazioni sul *Suono ad alcune possibili conseguenze; potrebbe sembrare una provocazione, spero un’intelligente e benvenuta provocazione.
Primo- Molte definizioni e distinzioni teoriche e pratiche della nostra tradizione musicale
hanno un senso solo all´interno della concezione del suono che le ha create e rese possibili.
Consonanza, Dissonanza, Altezza, Accordo, Armonia, Timbro, Intensità, Durata, Densità, Texture, Processo, Struttura, e così via, tanto quanto ruoli culturali definiti come Voce, Strumentista, Violinista etc.
Al di fuori di questa concezione hanno un senso diverso, o sono ininfluenti, o irrilevanti, o non esistono. Tutte presuppongono una concezione del *Suono.
Sono pressoché tutte articolazioni e declinazioni interne di una particolare concezione del suono. Per la Harmonielehre di Arnold Scöhnberg o per le riflessioni teoriche di P.Boulez in Penser la musique aujourdui, una performance di Didgeoridou è un evento di fatto impensabile e indecifrabile.
Secondo- Il*Suono può apparire e aprire un mondo sonoro dovunque, anche in una sospensione di automobile…
Il *Suono rischia sempre di non apparire, persino in un Violino o in una Voce.
Un computer può produrre vibrazioni, analizzarle e manipolarle, ma non può pensare un *Suono.
Terzo- Piu´in generale, se suono fondamentalmente non è un oggetto ma un rapporto, che ha al suo centro una rivelazione , dobbiamo cominciare a riconoscere che non solo Morton Feldman, Karl Heinz Stockhausen, ma anche Miles Davis o Elvis Presley, i Pink Floyd o gli U2, sono occasioni di rivelazione uniche del suono, e quindi preziose.
Di più.
Anche la musica della pubblicità del Pop Corn o delle Breaking News è rivelazione,
e questa rivelazione mi riguarda.
Persino la musica di sottofondo in un supermercato o in un ascensore di un hotel
fa accadere e mostra un rapporto uomo-suono ed è rivelazione:
quel suono è considerato necessario per la presenza di un certo tipo di essere umano.
In uno spazio come il supermercato o l´ascensore, l´uomo si trova o si ritrova integrato e in una forma di equilibrio, se è accompagnato e accolto da una presenza sonora.
La sua attenzione può volgersi anche a un suono.
Senza di esso, l´uomo si trova probabilmente a diretto contatto con lo spazio disumano, silenzioso e spoglio che lui stesso ha creato, fuori e dentro di sé.
Ma, in genere, questo contatto silenzioso con le cose, specialmente con il suono del mondo meccanico, che può presto mutare in un dialogo esistenziale, è qualcosa da evitare.
La necessità di questo suono, la necessità di essere sempre accompagnati, attorniati e accolti dal suono, rivela allora una particolare tensione e distanza che coinvolgono oggigiorno essere umano e *Suono.
Questa distanza è anche fatta di suono, e in ogni caso il suono la rivela e la mostra.
I-pod, TV, Computer. Chiunque lo comprende. Chiunque lo è. Non necessita di spiegazioni.
Riconoscere che ogni suono è anche rivelazione non significa rinunciare a differenze e distinzioni. Al contrario, è necessario pensare che qualcosa di prezioso è ovunque, mi tocca e mi riguarda, qualcosa che - in ogni caso- installa una relazione rivelatrice fra me e lei.
A questo punto, se io ho un po´ di curiosità intellettuale, mi devo chiedere:
che rapporto c´e´fra la mia musica e la musica di sottofondo nel supermercato o nell´ascensore?
Una risposta come: non c´è alcun rapporto, quella è musica di ambiente e d’intrattenimento,
la mia è musica seria.
Questa risposta è troppo facile. Contiene solo una parte di verità.
Anche se il nostro sistema di valori culturali la giustifica e la sostiene, la risposta resta inadeguata.
Se io avessi anche solo un po´ di coraggio intellettuale, la risposta sarebbe diversa.
Una musica barocca che risuona nell´ascensore di un palazzo moderno nel 2010 non può più difendere se stessa, ma la sua capacità di rivelazione continua a operare.
La mia musica e quella nell´ascensore hanno qualcosa di essenziale in comune.
Un destino.
Pensare che sia necessario far risuonare una musica in ascensore, indica che quest´uomo è completamente sordo, in ogni caso sordo al *Suono.
Ha bisogno solo di una vibrazione minima che mantenga attivi il suoi sensori ritmico-spaziali.
La cosa raggiunge il suo effetto se può essere percepita come una vibrazione omogenea, riconoscibile come musica, senza alcun grado di espressione o pathos, con un minimo grado di complessità che non richiede un particolare sforzo di attenzione, ma che ne stimola a sufficienza una minima parte. E´sufficiente.
Niente di più che una piccola luce elegante. Sembrerebbe….
È un fenomeno a due facce: quest´uomo non è interessato a un ascolto attivo e partecipato della musica, ma vive costantemente attorniato dal *Suono, nel *Suono.
Il bisogno di un riferimento sonoro non è eliminabile per il suo equilibrio esistenziale di essere umano.
Quest’ uomo non attende più alcun tipo di rivelazione dalla musica e dal suono.
La musica e il suono sono diventati solo una qualità particolare ma indifferente di presenza, come una luce, o un mobile, o una decorazione.
*Suono in questo caso –qualunque cosa ne possa dire l`Acustica- indica un colore etnico di sottofondo. Come un tappeto tradizionale.
Si tratta di una nuova etnia: l´essere umano postmoderno tecnologico e senza radici.
Questo evento della musica in ascensore è una domanda urgente anche per il mio lavoro.
Io, come compositore, attraverso il mio lavoro, sono in grado di creare le condizioni perché accada di nuovo una relazione con il *Suono realmente diversa?
*Suono nel senso della costellazione di significati menzionata all´inizio:
presenza, contatto, rivelazione, riconoscimento e appartenenza, centro di equilibrio, necessità, comunione.
Forse sì, ma ho solo la nostra tradizionale concezione di suono, la stessa che accetta come se fosse indifferente - persino pensa che sia necessario - avere Vivaldi o Bach o la Bossa nova che risuona nell´ascensore.
Quindi la risposta è: No, non sono in grado. E per molte ragioni.
A meno che io accetti il rischio di rinunciare alla nostra concezione tradizionale e apra lo spazio perché possa apparire una nuova dimensione di suono, che in ogni caso non conosco precedentemente. So solo che è possibile cominciare a cercare, con la speranza di fare piccoli passi individuali che creano una via sulla quale altri possano procedere.
Facciamo solo alcune osservazioni introduttive e generali.
E´ necessario inizialmente prendere distanza dalla concezione del Suono che già conosciamo.
Allora semplicemente io rinuncio a sapere cosa è suono e quindi che cosa è rumore,
che cosa è altezza, cosa è Voce o Canto o Fagotto.
Resto in attesa di un diverso punto di partenza.
E´necessario creare lo spazio per una certa qualità di silenzio, che non è mancanza di attività del suono, ma una sospensione delle sue forme più familiari,
E´ necessario creare un vuoto dove possa apparire, se c´è, un senso diverso di *Suono.
Anche se questo significa cambiare estesamente il senso della musica che conosciamo.
Probabilmente, ma in modo misterioso ed enigmatico, a questo punto della evoluzione della tecnologia e dello stile di vita è necessario prendere un coltello e tagliare.
Oggigiorno i limiti del nostro corpo sono confusi e collassati nelle migliaia di forme della dispersione tecnologica.
*Suono dovrebbe tentare ancora di aprire un nuovo spazio all´interno dell´essere umano,
uno spazio libero “scollegato” da qualsiasi possibile “cavo”(filo elettrico).
Probabilmente solo a partire da questa rinnovata indipendenza interiore sarebbe possibile osservare lo spossessamento del nostro corpo (il nostro spossessamento ritmico e temporale)
Solo se il corpo “incide” e “scrive” il suono a partire da se stesso come fonte,
probabilmente il *Suono restituirà una rivelazione della stessa natura.
Se il corpo si muove in circolo solo all´interno dei suoi limiti culturali usuali,
potrà solo riprodurli. In una prospettiva differente, i limiti culturali usuali di un corpo che s’impegna nel *Suono potrebbero non avere più motivo di esistere.
Potrebbero e dovrebbero essere superati.
Se osservo il viso di mia madre in una fotografia, posso ancora distinguere questa immagine dalla persona reale.
Dovremmo smettere di credere acriticamente che in un CD il *Suono accade.
In un certo senso lo sappiamo perfettamente, ma preferiamo non porci la domanda.
Questa forma di esistenza resa possibile dalla tecnologia non può prendere il posto della esperienza diretta del *Suono, che è contatto e comunione, prender parte, essendo parte.
È possibile immaginare e garantire una piena esistenza del *Suono dove esso scompare nel caso di una riduzione e riproduzione meccanica.
Un corpo che si assume direttamente questa responsabilità
-far sì che il *Suono abbia un luogo possibile-
diventa una sorta di “guardiano” di questa possibilità. Diventa esso stesso uno strumento.
In questo caso un nuovo senso dei rapporti, del contatto con la materia,
e della possibilità di creare forme ed eventi, deve essere aperta oltre i limiti che abbiamo appreso dalla tradizione.
È in fondo il compito segreto che la tradizione stessa ci affida.
Se i frutti di questo lavoro non saranno completamente riconosciuti come musica,
questo sarà il segno che, almeno, non si è sulla via sbagliata…
Federico De Leonardis: Pastorale e Catena 1987